C’è una cosa ovvia, eppure nient’affatto banale, dell’andare per monti: si sale, si sale, si sale… e poi si scende, si scende, si scende. E salire e poi scendere è tutto ciò che si fa, tutto ciò che si sente, tutto ciò che conta.
Esistono solo le gambe e la schiena, il suono dei passi, il battito del cuore, le forme e i colori del paesaggio intorno, l’aria, la pace, il mistero.
La montagna, con la sua vastità maestosa, ci permette di percepirci come siamo: minuscoli, minuscole. Siamo lì, esistiamo e basta, abbiamo soltanto la nostra vita.
Per avermi spesso fatto sperimentare la mia piccolezza e finitudine, le Alpi sono state parte della mia formazione. Mi hanno istruita, educata – definendo il mio sguardo sul mondo, influenzando il mio stile di vita, regalandomi strumenti anche professionali.
Da bambina, andando per monti ho imparato lo stupore, la gioia della fatica, l’entusiasmo della scoperta, la fiducia, il silenzio. Poi, crescendo e frequentando la montagna da sola, ho imparato il peso dell’essenziale, il rischio, l’autosufficienza, la gratitudine, la libertà.
In montagna ci si spoglia. Occorre solo salire e scendere. Non servono ruoli, appartenenze, identità. Né opinioni, concetti, cose.
Ci si spoglia, ci si libera. Si esiste, si vive.